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22 Aprile/ COVID-19

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Oggi più che mai abbiamo sentito la necessità di scegliere con cura, parole capaci di costruire un discorso che parlasse di essere umani, di relazioni e di tecnologia, di errori e di consapevolezze, di visioni e di arte. Una forte necessità di mettere insieme sia i pensieri che le intenzioni, consapevoli però che questo discorso si allontana dall’avere un punto finale rimanendo aperto al tempo che stiamo vivendo, alle sue modificazioni e con il tempo muterà.

Il Covid-19, virus che in questo momento storico sta mettendo tutti noi a dura prova stravolgendo abitudini ed economie, ribaltando priorità e forzandoci ad un rallentamento, sfida il nostro senso di adattabilità a verbi come: fermare, ascoltare, comprendere. Qualcosa di diverso rispetto qualsiasi altra cosa che ognuno di noi abbia mai sperimentato e che prevede un “dopo” complesso e articolato che apre le porte ad un nuovo scenario che invita a ripensare non solo sè stessi ma ripensarsi anche in rapporto all’altro, al territorio e al mondo. La domanda giusta in questo senso non è cosa accadrà a termine di questa parentesi illusoria, ma cosa sta già accadendo e in che portata il nostro atteggiamento, da singolo individuo, sta avendo un impatto su scala globale.
Il futuro che tutti noi stiamo continuando a costruire ad una velocità di rete inadatta a contenerci, videochat dopo videochat, informazione dopo informazione è il vero punto centrale di questo momento storico e se l’artista è colui che ha il dovere di mostrare la direzione, tutto questo diventa ancora più complesso quando il presente muta la propria forma di minuto in minuto . Allora il ruolo dell’artista, ancora di più in questo momento, forse è quello di svelarne il significato, di renderlo comprensibile in modo che ogni azione compiuta, non si perda nel flusso degli eventi ma possa essere reiterata nel tempo, con consapevolezza.

Il Covid-19, virus che in questo momento storico sta mettendo tutti noi a dura prova stravolgendo abitudini ed economie, ribaltando priorità e forzandoci ad un rallentamento, sfida il nostro senso di adattabilità a verbi come: fermare, ascoltare, comprendere. Qualcosa di diverso rispetto qualsiasi altra cosa che ognuno di noi abbia mai sperimentato e che prevede un “dopo” complesso e articolato che apre le porte ad un nuovo scenario che invita a ripensare non solo sè stessi ma ripensarsi anche in rapporto all’altro, al territorio e al mondo. La domanda giusta in questo senso non è cosa accadrà a termine di questa parentesi illusoria, ma cosa sta già accadendo e in che portata il nostro atteggiamento, da singolo individuo, sta avendo un impatto su scala globale.
Il futuro che tutti noi stiamo continuando a costruire ad una velocità di rete inadatta a contenerci, videochat dopo videochat, informazione dopo informazione è il vero punto centrale di questo momento storico e se l’artista è colui che ha il dovere di mostrare la direzione, tutto questo diventa ancora più complesso quando il presente muta la propria forma di minuto in minuto . Allora il ruolo dell’artista, ancora di più in questo momento, forse è quello di svelarne il significato, di renderlo comprensibile in modo che ogni azione compiuta, non si perda nel flusso degli eventi ma possa essere reiterata nel tempo, con consapevolezza.

Proprio questa situazione apre di fatto ad una grande riflessione che passa attraverso parole importanti come costanza, rigore e disciplina ma anche comprensione, empatia e adattabilità. Parole che ogni giorno, con fatica, abbiamo la necessità di praticare non solo in previsione di nuovi scenari ma soprattutto per comprendere sempre di più le motivazioni e le cause che ci hanno condotto fino a qui. Come artisti siamo studiosi. Come artisti sappiamo che è nel processo che risiede la crescita ed ora che ci troviamo nel pieno di un processo globale, di cui sono ben visibili tutti gli errori, le mancate comunicazioni e difficoltà, il nostro compito è di affrontarlo prendendoci, ognuno, il proprio carico di responsabilità con la consapevolezza che d’ora in avanti faremo fronte a questo nuovo scenario, forse meno rigido e più sensibile.

Di fronte ore iniziali di videochat ci siamo sentiti inadatti ma siamo diventati più consapevoli rispetto delle urgenze necessarie a farci sentire umani, come l’urgenza di contatto e di
comunità. Le cose ancora una volta stanno cambiando la propria forma e questo ci invita a ripensare non solo le relazioni ma spostandoci alla radice di questo periodo, forse carico di opportunità nascoste, di ripensare le parole e i linguaggi rendendoci ora più che mai consapevoli della loro duttilità. Abbiamo dunque bisogno di ripensare i nostri strumenti o meglio ancora il tempo che li attraversa. Quello che ci sembra un tempo sospeso viaggia in realtà ad una velocità notevole e si estende tramite la rete, di casa in casa, città in città, paese in paese sorvolando confini per un aumento dei consumi di internet che sfiora il 90% su rete fissa e il 30% su quella mobile dall’inizio della crisi ad oggi.

Di fronte ore iniziali di videochat ci siamo sentiti inadatti ma siamo diventati più consapevoli rispetto delle urgenze necessarie a farci sentire umani, come l’urgenza di contatto e di
comunità. Le cose ancora una volta stanno cambiando la propria forma e questo ci invita a ripensare non solo le relazioni ma spostandoci alla radice di questo periodo, forse carico di opportunità nascoste, di ripensare le parole e i linguaggi rendendoci ora più che mai consapevoli della loro duttilità. Abbiamo dunque bisogno di ripensare i nostri strumenti o meglio ancora il tempo che li attraversa. Quello che ci sembra un tempo sospeso viaggia in realtà ad una velocità notevole e si estende tramite la rete, di casa in casa, città in città, paese in paese sorvolando confini per un aumento dei consumi di internet che sfiora il 90% su rete fissa e il 30% su quella mobile dall’inizio della crisi ad oggi.

Nel momento che ci vede più distanti che mai, siamo anche più connessi che mai: siamo migranti. Questo ci ha permesso di ampliare, per necessità, i nostri spazi mentali e di pensiero a fronte di costrizioni fisiche di spazio. Siamo nel pieno di un rallentamento fisico ma nel pieno di un’accelerazione di pensiero che ora necessita di una maggiore quantità di tempo per sedimentare. Siamo nel pieno di un processo di rivalutazione che sta investendo ogni campo e a cui dobbiamo far fronte partendo da tutti gli strumenti che conosciamo, spingendoli oltre le proprie potenzialità, unendo, avendo cura e sostenendo. Ancora una volta dobbiamo cominciare da dove siamo, non possiamo permetterci di tornare indietro, ora è il momento.

22 Aprile/ COVID-19

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