Non posso tornare indietro

3 Maggio/ COVID-19

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È avvenuto lo strappo, l’ho proprio sentito: TRACK! Presa coscienza e consapevolezza di una situazione, non puoi fingere. Crisi, è il nome che il più delle volte si da ad una situazione di questo tipo.

Ma mi correggo: si potrebbe fingere, ma io non posso. Una decina di anni fa ho promesso a me stessa di essermi fedele sempre. Qualcuno ha sentito subito il suono dello strappo; qualcun altro dopo poco. Forse c’è chi non lo sentirà mai. Alla fine del secondo mese di quarantena, mi rendo conto che l’essere umano si è adattato ancora una volta ad una nuova ambientazione, a dei nuovi tempi e a dei nuovi pensieri. O forse erano sempre stati lì, nello scrigno del nostro io? Questa storia del COVID-19 sancisce un momento di rottura globale. Abbiamo imparato a fermarci, il che ci ha permesso di vedere chiaramente quel che siamo, quello che ci circonda. Abbiamo avuto modo di ascoltare gli altri e noi stessi. Puoi fingere di non aver visto nulla, in effetti, e sperare che nulla sia cambiato di quello stile di vita a cui hai tanto lavorato. A quelle abitudini che ti rendono sicuro della tua vita. Ma io sono convinta che, dopo aver visto, bisogna agire. Altrimenti a che serve vedere?
In realtà nutro una piccola speranza di un piccolo cambiamento individuale, in ognuno di noi. L’aumento costante verso un’interesse spirituale stava già avvenendo: sempre più persone provano a ritagliare uno spazio per la spiritualità nella propria routine accelerata. Malgrado le buone intenzioni, però, la spiritualità non si può aggiungere alla vita come il sale su una pietanza, senza cambiamenti sostanziali. In che modo voglio stare al mondo? Io non voglio più indossare i panni del connivente. La coscienza individuale dovrebbe viaggiare pari passo ad una coscienza collettiva. Non possiamo essere da soli perché ogni cosa co-esiste: ogni cosa contiene tutto il resto ed ognuno di noi è responsabile di tutto quello che accade intorno a noi. Ma qual è il problema in questo caso? Imprigionati nel nostro piccolo io, siamo affaccendati a pensare solo al suo benessere, non curanti della distruzione del nostro sé comune.

THICH NHAT HANH SUGGERISCE QUESTA VISIONE: SE LA TERRA FOSSE IL VOSTRO CORPO, SENTIRESTE DOV’È CHE LE FA MALE. DOVREMMO ESSERE SOLE, IL NOSTRO CUORE ESTERNO; DOVREMMO ESSERE LA FORESTA, I NOSTRI POLMONI ESTERNI; DOVREMMO ESSERE OGNI ELEMENTO DELLA NATURA PER POTER CAPIRE A FONDO E REGALARCI UN FUTURO.

Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, è anche il capitalismo in me, ha scritto nel primo mese di lockdown Angel Luis Lara. E, tra le tante parole sfornate durante la quarantena, questa echeggia ancora forte dentro di me. La democrazia si basa sul dissenso e questo momento di obbedire in cui viviamo può essere pericoloso: non bisogna obbedire passivamente, bensì bisogna discutere su cosa fare o non fare di quelle regole che vengono pronunciate. L’avanzata di un totalitarismo (che non ha mai smesso di muovere il terreno) non è molto lontana o assurda come possibilità futura. Dopo una guerra, l’entusiasmo di fare e di cambiare è molto forte; dopo un’epidemia ci si interroga sulla morte e c’è diffidenza tra gli esseri umani. Il panico, la minaccia biologia, la crisi economica e possiamo contare anche il razzismo, i movimenti di emigrazione, la lotta contro il diverso che non si è mai arrestata. Manca solo il fiocco al pacchetto. E forse già c’è: i sistemi di sorveglianza per fronteggiare altre e nuove epidemie.
non posso tornare indietro
Ed è per questo che auspico lo sviluppo di un pensiero critico, in grado di rendere responsabili ed autonomi (nel pensiero) ogni cittadino. Mi piace pensare ad una sorta di obbedienza attiva, derivante da una fiducia tanto grande da potersi affidare davvero alle regole. Il controllo e la sorveglianza autoritaria, le disgregazioni partitiche, non portano a questa fiducia necessaria. Per affrontare il futuro, bisognerebbe scegliere una sorta di solidarietà nazionale, per arrivare a scorgere un futuro lungimirante e creativo (relativo al creare), di equilibrio salutare e benefico. Bisognerebbe pensare alla comunità come ad un investimento, come al bene più prezioso che si ha. E parte del cambiamento avviene grazie a tutte le piccole persone che ascoltano e riportano, che elaborano concetti e li volgarizzano.

Questa evoluzione creativa in cui tutto è in movimento – il famoso slancio vitale di cui parlava Bergson – dovrebbe porci sotto un’altra prospettiva: non dobbiamo ripartire, bensì continuare il viaggio. Ci siamo tuffati nell’inesplicabile e incontrollabile vuoto appena nati ed abbiamo costruito la nostra personale strada passo dopo passo. E di certo non abbiamo smesso di proseguire durante la quarantena. Senza timore, ricuciamo quello strappo che abbiamo subìto e causato, valorizzando il fattore umano che ci rende interessanti: lasciare qualcosa agli altri, vivendo la propria vita.

3 Maggio/ COVID-19
Emanuela Martucci
mediaintegrati

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