Il futuro è nelle mani di chi condivide una visione

Il futuro è nelle mani di chi condivide una visione

10 marzo 2021  

Tempo di lettura: 2 minuti

INTERVENTO DEGLI STUDENTI DELLA SCUOLA DI NUOVE TECNOLOGIE DELL’ARTE ALL’ASSEMBLEA STUDENTESCA DEL 23 FEBBRAIO 2021 PRESSO IL CORTILE DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI NAPOLI.

Ciao a tutt*, sono Giulia, una studentessa dell’accademia, e parlo a nome delle studentesse e degli studenti di nuove tecnologie dell’arte. 

Siamo qui perché pensiamo che sia necessario e fondamentale unirsi e organizzarsi per raggiungere un obiettivo comune. 

La nostra esperienza ci suggerisce che la relazione è la più alta forma di resistenza.

Come artisti e artiste il nostro atto rivoluzionario è sempre stata la creazione di un opera d’arte collettiva, partecipata e dal basso, in quei luoghi che vengono definiti periferie di senso. Oggi questi luoghi sono teatri, cinema, scuole, università, accademie, musei, e tutti quegli spazi chiusi in cui si fa e si vive LA cultura. 

Dietro queste porte chiuse ci sono lavoratrici e lavoratori, studenti e studentesse, affamati di bellezza, di connessioni reali e di lavoro. 

Affermiamo con forza che L’arte è un bene essenziale e ciò che ci rende umani. 

Ci hanno fatto credere di essere singole gocce, ma insieme le gocce diventano tempesta, simbolo di cambiamento storico, sociale e politico. 

Ora la nostra azione rivoluzionaria è tesa alla creazione di comunità attraverso l’arte, essendo ciò che maggiormente ci manca. 

Essere qui, oggi, per noi è importante in quanto rappresenta la riappropriazione di uno spazio che è nostro, dove confrontarsi e crescere grazie all’altro.

Speriamo che questo sia solo l’inizio di un percorso collettivo, perché il futuro è nelle mani di chi condivide una visione.

La scuola e il profitto, diritto al divenire.

discoteca aula universitaria

LA SCUOLA E IL PROFITTO,
DIRITTO AL DIVENIRE

7 Luglio/ COVID-19

Tempo di lettura: 3 minuti

Non fare aprire le scuole è una scelta di tipo politico che da priorità a ciò che crea profitto economico. Valgono più 100 ragazzi in discoteca o 100 ragazzi in un’aula universitaria? 

Una discoteca con 100 ragazzi che ballano e consumano drink vale più di un’aula universitaria con 100 ragazzi che seguono una lezione. Perchè?

Ciò che richiede l’istruzione è qualcosa per cui non vale la pena lottare a quanto pare, il futuro. Investire nella formazione non produce risultati immediati. Non produce materia di consumo istantaneo, non produce. Siamo ad un tracollo ambientale, sociale e culturale ma ciò che conta (sempre e comunque) è il fatturato, la somma di ricavi ottenuti dal paese alla fine dell’anno. Investire nella morale, nell’istruzione e nella costruzione di un pensiero etico è materia di interesse per pochi. 

Come studenti siamo fermi nelle nostre case, a metà tra una formazione che ha perso ogni forma di contatto umano e relazionale e una situazione economica che ci costringe a rimboccarci le maniche per far fronte ad un bilancio economico familiare tragico. Ma non stiamo in silenzio, siamo ammutoliti, incastrati in/da un intricato meccanismo sociale che ci reputa inadatti al lavoro, al rivendicare diritti e avanzare proposte. 

Toglierci/fermare anche l’istruzione significa dare vantaggio ad un pensiero in cui, ciò che conta è produrre e non formare, consumare senza rinnovare, eseguire senza obbiettare. Significa avvantaggiare un pensiero indotto, che non ha spazio di riflessione; rende frammentata la comunità di studenti, separandoli gli uni dagli altri, soli nei loro pensieri, negargli l’accessibilità al confronto e al pensiero collettivo. Significa lasciare spazio ad un popolo che non pensa.

discoteca aula universitaria
FluxH24 #PUNTATAZERO

Come possiamo rivendicare il diritto al divenire? Rivendicare una crescita, una formazione, lo sviluppo di un pensiero che prevede al suo interno prima del profitto, un investimento? 

E’ stato dunque impossibile fermare la didattica, fermare il pensiero di una comunità legata imprescindibilmente alla polis perché campo di azione e di pratica del laboratorio stesso. Il laboratorio ospite all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Napoli ha chiuso le sue porte come tutti gli atenei e le accademie italiane, costretto dall’emergenza sanitaria. Si è dovuto trasformare in qualcosa che andasse ben oltre le semplici lezioni frontali online. Gli spazi fisici hanno subìto una traduzione (di senso) in spazi virtuali, dando vita a progetti come flux h24. Parliamo di una stanza online, aperta 24 ore su 24 e accessibile a tutti, che ha reso la piattaforma zoom una piazza virtuale fatta per ospitare tutti gli oltre 200 studenti del laboratorio e chiunque avesse voglia di accedere al link reso pubblico sulle pagine social. Si tratta di uno spazio libero di sperimentazione, sempre frequentato, un’installazione virtuale, che muta e assume diverse funzioni a seconda delle necessità: incontri, lezioni, workshop e spazio per gli eventi virtuali come @invito al viaggio, proprio come il laboratorio fisico permetteva. 

la tecnologia non basta, ma se c’è solo quella allora meglio insieme 

@Nuove tecnologie dell’arte 

La tecnologia non basta, ma se c’è solo quella allora meglio insieme. Uno slogan che rappresenta al meglio il concetto di andare oltre la tecnologia e oltre l’ asettica didattica online. Far fronte all’emergenza senza lasciare da parte l’empatia e la relazione con gli altri, elementi attivatori di crescita e formazione: morale, etica e intellettuale. 

 

Maggio 2020 - Laboratorio di Nuove Tecnologie dell'Arte, Accademia di Belle Arti di Napoli

Se non ci sono spazi li creiamo, se le università, le accademie vengono chiuse fisicamente non significa che anche le nostre menti debbano ritrovarsi nello stesso stato. Ad oggi rivendichiamo spazi e strutture ma se privati degli stessi, li andiamo a trovare e riorganizzare in un luogo che ancora è libero, la rete. 

Siamo quindi qui a schierarci dalla parte della formazione che produce comunità, che crea profitto a favore di tutti, una formazione che spinge ad una visione ad ampio raggio e non settorializzata, per dare spazio a pensieri nuovi, fatti di persone che conservano un’umanità, che guardano al futuro come elemento di cui prendersi cura.

7 Luglio/ COVID-19
Jenny Sibio
disintegrati

Qui e ora

QUI ED ORA

22 Aprile/ COVID-19

Tempo di lettura: 5 minuti

Oggi più che mai abbiamo sentito la necessità di scegliere con cura, parole capaci di costruire un discorso che parlasse di essere umani, di relazioni e di tecnologia, di errori e di consapevolezze, di visioni e di arte. Una forte necessità di mettere insieme sia i pensieri che le intenzioni, consapevoli però che questo discorso si allontana dall’avere un punto finale rimanendo aperto al tempo che stiamo vivendo, alle sue modificazioni e con il tempo muterà.

Il Covid-19, virus che in questo momento storico sta mettendo tutti noi a dura prova stravolgendo abitudini ed economie, ribaltando priorità e forzandoci ad un rallentamento, sfida il nostro senso di adattabilità a verbi come: fermare, ascoltare, comprendere. Qualcosa di diverso rispetto qualsiasi altra cosa che ognuno di noi abbia mai sperimentato e che prevede un “dopo” complesso e articolato che apre le porte ad un nuovo scenario che invita a ripensare non solo sè stessi ma ripensarsi anche in rapporto all’altro, al territorio e al mondo. La domanda giusta in questo senso non è cosa accadrà a termine di questa parentesi illusoria, ma cosa sta già accadendo e in che portata il nostro atteggiamento, da singolo individuo, sta avendo un impatto su scala globale.
Il futuro che tutti noi stiamo continuando a costruire ad una velocità di rete inadatta a contenerci, videochat dopo videochat, informazione dopo informazione è il vero punto centrale di questo momento storico e se l’artista è colui che ha il dovere di mostrare la direzione, tutto questo diventa ancora più complesso quando il presente muta la propria forma di minuto in minuto . Allora il ruolo dell’artista, ancora di più in questo momento, forse è quello di svelarne il significato, di renderlo comprensibile in modo che ogni azione compiuta, non si perda nel flusso degli eventi ma possa essere reiterata nel tempo, con consapevolezza.

Il Covid-19, virus che in questo momento storico sta mettendo tutti noi a dura prova stravolgendo abitudini ed economie, ribaltando priorità e forzandoci ad un rallentamento, sfida il nostro senso di adattabilità a verbi come: fermare, ascoltare, comprendere. Qualcosa di diverso rispetto qualsiasi altra cosa che ognuno di noi abbia mai sperimentato e che prevede un “dopo” complesso e articolato che apre le porte ad un nuovo scenario che invita a ripensare non solo sè stessi ma ripensarsi anche in rapporto all’altro, al territorio e al mondo. La domanda giusta in questo senso non è cosa accadrà a termine di questa parentesi illusoria, ma cosa sta già accadendo e in che portata il nostro atteggiamento, da singolo individuo, sta avendo un impatto su scala globale.
Il futuro che tutti noi stiamo continuando a costruire ad una velocità di rete inadatta a contenerci, videochat dopo videochat, informazione dopo informazione è il vero punto centrale di questo momento storico e se l’artista è colui che ha il dovere di mostrare la direzione, tutto questo diventa ancora più complesso quando il presente muta la propria forma di minuto in minuto . Allora il ruolo dell’artista, ancora di più in questo momento, forse è quello di svelarne il significato, di renderlo comprensibile in modo che ogni azione compiuta, non si perda nel flusso degli eventi ma possa essere reiterata nel tempo, con consapevolezza.

Proprio questa situazione apre di fatto ad una grande riflessione che passa attraverso parole importanti come costanza, rigore e disciplina ma anche comprensione, empatia e adattabilità. Parole che ogni giorno, con fatica, abbiamo la necessità di praticare non solo in previsione di nuovi scenari ma soprattutto per comprendere sempre di più le motivazioni e le cause che ci hanno condotto fino a qui. Come artisti siamo studiosi. Come artisti sappiamo che è nel processo che risiede la crescita ed ora che ci troviamo nel pieno di un processo globale, di cui sono ben visibili tutti gli errori, le mancate comunicazioni e difficoltà, il nostro compito è di affrontarlo prendendoci, ognuno, il proprio carico di responsabilità con la consapevolezza che d’ora in avanti faremo fronte a questo nuovo scenario, forse meno rigido e più sensibile.

Di fronte ore iniziali di videochat ci siamo sentiti inadatti ma siamo diventati più consapevoli rispetto delle urgenze necessarie a farci sentire umani, come l’urgenza di contatto e di
comunità. Le cose ancora una volta stanno cambiando la propria forma e questo ci invita a ripensare non solo le relazioni ma spostandoci alla radice di questo periodo, forse carico di opportunità nascoste, di ripensare le parole e i linguaggi rendendoci ora più che mai consapevoli della loro duttilità. Abbiamo dunque bisogno di ripensare i nostri strumenti o meglio ancora il tempo che li attraversa. Quello che ci sembra un tempo sospeso viaggia in realtà ad una velocità notevole e si estende tramite la rete, di casa in casa, città in città, paese in paese sorvolando confini per un aumento dei consumi di internet che sfiora il 90% su rete fissa e il 30% su quella mobile dall’inizio della crisi ad oggi.

Di fronte ore iniziali di videochat ci siamo sentiti inadatti ma siamo diventati più consapevoli rispetto delle urgenze necessarie a farci sentire umani, come l’urgenza di contatto e di
comunità. Le cose ancora una volta stanno cambiando la propria forma e questo ci invita a ripensare non solo le relazioni ma spostandoci alla radice di questo periodo, forse carico di opportunità nascoste, di ripensare le parole e i linguaggi rendendoci ora più che mai consapevoli della loro duttilità. Abbiamo dunque bisogno di ripensare i nostri strumenti o meglio ancora il tempo che li attraversa. Quello che ci sembra un tempo sospeso viaggia in realtà ad una velocità notevole e si estende tramite la rete, di casa in casa, città in città, paese in paese sorvolando confini per un aumento dei consumi di internet che sfiora il 90% su rete fissa e il 30% su quella mobile dall’inizio della crisi ad oggi.

Nel momento che ci vede più distanti che mai, siamo anche più connessi che mai: siamo migranti. Questo ci ha permesso di ampliare, per necessità, i nostri spazi mentali e di pensiero a fronte di costrizioni fisiche di spazio. Siamo nel pieno di un rallentamento fisico ma nel pieno di un’accelerazione di pensiero che ora necessita di una maggiore quantità di tempo per sedimentare. Siamo nel pieno di un processo di rivalutazione che sta investendo ogni campo e a cui dobbiamo far fronte partendo da tutti gli strumenti che conosciamo, spingendoli oltre le proprie potenzialità, unendo, avendo cura e sostenendo. Ancora una volta dobbiamo cominciare da dove siamo, non possiamo permetterci di tornare indietro, ora è il momento.

22 Aprile/ COVID-19